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San Valentino e la violenza, morbo della società moderna

San Valentino e la violenza: un tema attuale da affrontare insieme 

San Valentino e la violenza

Il 14 febbraio, presso la Sala Consiliare di Cisternino, nella giornata dedicata all’amore, la redazione di Porta Grande ha organizzato, nell’ambito delle attività dell’associazione Pro Cisternino, un forum all’insegna non dell’amore, ma della violenza.

San Valentino e la violenza

Scegliere la serata di San Valentino per affrontare il tema della violenza è stato casuale, ma ha offerto una riflessione importante nel giorno in cui, per antonomasia, si celebra l’amore in tutte le sue forme.
La violenza rappresenta, infatti, il lato più oscuro dell’uomo che trafigge la società, provocando solo dolore.

San Valentino e la violenza

Durante la serata, moderata dal direttore di Porta Grande Mario Saponaro con la presenza del sindaco Enzo Perrini, è stato affrontato il tema della violenza organizzata e privata attraverso la testimonianza diretta di Antonio De Donno, già procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Brindisi, di Paolo Signorino, già sovrintendente della Polizia di Stato, e di Giovanni Mutinati, dirigente del Liceo Polivalente Punzi di Cisternino.

In particolare, De Donno, attraverso il suo libro “La giusta direzione”, ha offerto una preziosa testimonianza sulla violenza organizzata che ha afflitto la Puglia negli anni ’90.

I ragazzi del Liceo Polivalente hanno posto delle domande a De Donno riguardanti la violenza a partire dalla violenza privata.

Dal dibattito scaturito è emerso che la violenza privata oggi è “gratuita” in quanto non ha un determinato movente e, spesso, non è riconosciuta nemmeno la sua carica offensiva.
Le forme di violenza che dilagano nella società moderna, come un morbo, non lasciano indenne nessuna parte del corpo sociale. Pensiamo alla violenza di genere, al bullismo e ai conflitti tra vicini di casa che, spesso, sfociano in tragedie.
La gratuità della violenza rende più difficile la prevenzione. Prevenire la violenza diventa fondamentale nelle famiglie e nelle scuole, primi luoghi in cui la vita umana si sviluppa.
Un altro tema al centro della discussione è stato quello dell’educazione di cui Giovanni Mutinati è stato diretto portavoce durante la serata.

In particolare, ha posto l’attenzione sul fenomeno del bullismo e sulla necessità di focalizzarsi non solo sul bullo per analizzare le cause che hanno scatenato l’episodio violento, ma anche sulle stesse vittime che necessitano di piani di tutela mirati e maggiormente efficienti.

La società è sempre più fluida, e i ragazzi di oggi, diversamente dai ragazzi del passato, non identificano più l’autorità nei professori, nelle istituzioni e nelle forze dell’ordine. In particolare, il Dirigente ha raccontato un episodio in cui chiedeva al bullo la ragione del suo gesto violento e la risposta è stata: “non sapevo che non si potesse fare”.

La violenza non è riconosciuta dai ragazzi come fenomeno negativo che annienta l’uomo, ma come spettacolo per accaparrarsi consensi sui social. L’utilizzo sbagliato delle nuove tecnologie spesso aliena i ragazzi, i quali non riescono più a sintonizzarsi con la realtà̀.

Il procuratore De Donno ha osservato, inoltre, che la fragilità̀ della famiglia nucleare e la crisi di un modello educativo rigido contribuiscono all’aumento della violenza, soprattutto tra i più̀ giovani. La mancanza di un’autorità̀ educativa chiara e l’aumento dei consumi di sostanze stupefacenti e dell’alcolismo sono fattori che alimentano la violenza nelle nuove generazioni.

Ha osservato come, a causa dell’iperprotezione materna e della mancanza di un confronto educativo, molti ragazzi non riescano ad affrontare adeguatamente le difficoltà e i conflitti della vita quotidiana, spesso sfociando in reazioni violente. Inoltre, ha sottolineato come i media abbiano contribuito a questa problematica, presentando la violenza come uno spettacolo, senza mai soffermarsi sul disvalore dei suoi effetti: la morte, la sofferenza e la distruzione che essa porta nelle famiglie.

De Donno ha raccontato di come, durante il suo lavoro, abbia assistito anche a casi in cui gli autori di crimini violenti non riuscivano a comprendere appieno la gravità delle loro azioni. Questo, ha spiegato, è uno dei risvolti più pericolosi della violenza: la sua banalizzazione e la perdita di consapevolezza della sofferenza che essa provoca.

Ancora, Paolo Signorino, che ha lavorato per anni a Palermo nella Polizia di Stato, ha sottolineato che la violenza, anche quando scaturisce da contesti di povertà e miseria, acquista connotazione non finalizzata e gratuita.

In conclusione, De Donno ha invitato tutti, in particolare i giovani, a riflettere su quanto scritto nel suo libro. Ha anche sottolineato come la magistratura, pur giocando un ruolo fondamentale, non possa da sola risolvere il problema della violenza, ma debba lavorare insieme alla società per costruire un futuro migliore. Il suo libro, ha concluso, vuole essere una testimonianza di quello che è stato vissuto, ma anche un monito per il futuro, affinché́ non si dimentichi l’importanza di vivere con rispetto verso l’altro e di combattere ogni forma di violenza.

Dora De Vito

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